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Sono passati pochi giorni dalla disastrosa sconfitta patita in casa contro l’Empoli, da quei 5 gol subiti in pochi minuti che sanno tanto di umiliazione finale sfociata nell’interruzione della partita per la rabbia dei tifosi. Un sabato da dimenticare in fretta, anche se in pochi ci riusciranno. Commentare la prestazione sportiva risulta veramente difficile. Ma la prima cosa da dire è che il rammarico è tanto, perché lo stadio era uno spettacolo. Un pubblico da serie A, nessuno lo può negare, colorato, partecipe, caricato al massimo per la partita che potrebbe salvare la stagione. Più di 8000 tifosi avevano risposto all’appello e si erano schierati al fianco della loro squadra. Un’ulteriore incredibile dimostrazione di passione ed amore per il Lanerossi. Amore però, ancora una volta, pesantemente tradito. I gol a valanga della squadra avversaria, la confusione totale in campo, l’incapacità di reagire e di lottare, hanno trasformato un possibile rilancio in una disfatta clamorosa che ha lasciato un segno profondo I tifosi, questa volta hanno dimostrato di non voler perdonare il tradimento. La rabbia, gli insulti, l’invasione di campo con quel cancello che si apre, e fa esplodere l’esasperazione di tanti anni di sofferenza. Non c’è stata nessuna violenza però, cosa che andrebbe assolutamente condannata, la richiesta era quella di interrompere una partita che stava umiliando i colori biancorossi: hanno sbagliato, è vero e ne pagheranno le conseguenze. Non è giusto ora, però, che la correttezza del pubblico biancorosso venga criminalizzata da un episodio isolato figlio dell’umiliazione e della frustrazione del momento. Altrettanto da condannare è il comportamento della maggior parte dei giocatori, che hanno dimostrato per l’ennesima volta di non meritare il pubblico che ogni sabato li segue in casa e in trasferta. Sta a loro fare un esame di coscienza e capire se realmente sono degni di indossare la maglia biancorossa, perché adesso più che mai è il momento di dimostrare al popolo biancorosso cosa realmente valgono: se così non fosse, vorrà dire che avevamo ragione Noi a tacciarli di poca personalità e poco attaccamento alla storia che li circonda. Il silenzio stampa è il modo più dignitoso per commentare la partita, una scelta dovuta della società, le scuse servono a poco. Servono i fatti. Ci sono ancora 6 punti in palio, due partite da vincere sperando in un passo falso dell’Ascoli: le speranze di play out sono poche, ma ancora non è finita. L’unico modo per provare a dimenticare quanto accaduto è dimostrare sul campo che un minimo di professionalità questi giocatori la hanno. Lottare fino alla fine, sempre zitti, correre, correre e correre. Non c’è altra soluzione. Se poi sarà retrocessione, allora se ne discuterà, si analizzeranno le colpe, gli errori e tutto ciò che di sbagliato è stato fatto. Ma fino ad allora, silenzio e corsa sono le medicine migliori. Lo strappo con i tifosi questa volta è grosso. Tutti si sono sentiti traditi. A guardare la Curva Sud durante il secondo tempo di sabato, veniva il magone: a parte i tifosi che sono entrati a bordocampo, gli altri erano seduti, sconsolati, le facce veramente tristi, spente.

Ma il Centro Coordinamento ha il compito di darsi da fare per ricucire questo strappo. Il suo compito è di portare la gente allo stadio, di unirla sotto i colori biancorossi. Unire, non dividere deve essere il punto da cui ripartire, ancora una volta. Qualsiasi sarà il nostro destino, consapevoli che il nostro pubblico non merita la retrocessione, dobbiamo essere consapevoli che l’amore verso il Vicenza è una cosa di tutti. Così come il dolore e la tristezza che ci stanno accomunando tutti in questa situazione. Per cui cerchiamo di supportare i nostri colori, ancora, facciamolo almeno per noi. Potremo non credere più nei giocatori, dimostratisi quasi tutti non adatti a questa piazza, nell’allenatore, nella società. Ma dobbiamo credere ancora in noi stessi, nella nostra forza e nella bellezza del nostro tifo.

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