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“C’è qualcosa di nuovo oggi nel soleanzi d’antico: io vivo altrove, e sento che sono intorno nate le viole …”

Sono costretta a scomodare Giovanni Pascoli per spiegare la prima sensazione che ho provato all’annuncio del “ritorno” a casa di Paolo Rossi in qualità di “Ambasciatore del Lanerossi Vicenza” e di “Consigliere del C.d.A. della Società in qualità di consigliere indipendente”.

Qualcosa di nuovo, perché rappresenta una figura che mai si era vista nella storia del Vicenza. Ci si può già immaginare il suo ruolo di rappresentanza negli eventi che andranno a venire. L’altra sera si è tenuta la presentazione del progetto di rifondazione del Circolo ex biancorossi … chi meglio di lui può assumerne la carica di Presidente? Sempre nella stessa serata si è parlato dell’impegno di commemorare ogni anno la data del 9 marzo, anniversario di fondazione della società …. e magari sarà proprio lui a celebrare il primo compleanno del Vicenza targato Renzo Rosso, riunendo città e tifosi in un unico grande abbraccio. Oppure farà da padrino e padrone di casa quando verrà organizzata la mostra dei cimeli biancorossi, propedeutica all’istituzione del tanto atteso museo. Lo aveva detto forte e chiaro questa estate il patron della Diesel, che avrebbe avuto un occhio di riguardo per la storia, affidando questo incarico nelle sapienti mani di Paolo Bedin. E i risultati si sono visti da subito nella spettacolare presentazione estiva della squadra in piazza dei Signori e in vari occasioni pubbliche, fino a mercoledì 21 novembre a Monte Berico e domenica 25 allo stadio con la doppia commemorazione dei calciatori caduti nella Grande Guerra.

Qualcosa di antico, perché il nome di Paolo Rossi fa parte della storia del Lanerossi Vicenza e della città di Vicenza, nonché patrimonio del calcio mondiale. E’ senza dubbio il giocatore più amato della storia biancorossa. Le sue prime parole dopo l’annuncio di Renzo Rosso sono stata una dichiarazione d’amore per la città dove ha vissuto per 37 anni e di grande stima per l’imprenditore vicentino. E non manca un augurio benaugurante: “Spero che la mia esperienza vincente con questi colori possa ripetersi ancora. Puntare in alto si può, avanti tutta”.

La vita è strana. Paolo era solo un ragazzino sconosciuto e timido nell’estate del 1976 quando arrivò a Vicenza con la sua A112 bianca e diventò titolare grazie a una serie di coincidenze anche tragiche (fuga dal ritiro e morte di Vitali, servizio militare di D’Aversa). Poi il tocco fatato del “Dio del Calcio” e l’uccellino di Prato (Paolo si ispirava calcisticamente al grande Kurt Hamhrin) divenne lo spietato predatore dell’area di rigore che tutti abbiamo applaudito e amato. Una maglia la sua che è rimasta impressa nell’immaginario collettivo come il simbolo del grande calcio di provincia, della lotta fra il piccolo Davide e il gigante Golia. Un Davide incarnato da un ragazzo fragile di ginocchia ma forte di carattere, che ha saputo per due volte rinascere dalle proprie ceneri come l’Araba Fenice. E come il Vicenza di Renzo Rosso, che sta facendo rivivere la secolare storia biancorossa, perché, come direbbe Marcel Proust, “il vero viaggio non consiste nel vedere panorami diversi, ma nell’avere nuovi occhi“.

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