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Incontriamo oggi un altro grande tifoso lontano, un grandissimo giocatore e amico del nostro Lane che da qualche anno vive a Monopoli in Puglia, ma che non ha ancora perso il suo inconfondibile accento toscano.

Buongiorno Valeriano Prestanti. Che effetto fa tornare a Vicenza dopo 35 anni?
Una sensazione molto strana perché avevo l’idea di ricordarmi tutto e poi… Quando sono arrivato in città ho trovato tante cose completamente cambiate. L’urbanistica è stata stravolta da quando abitavo a Vicenza. Ma poi, quando sono arrivato nel piazzale del Menti ho visto che almeno lo stadio è rimasto esattamente come era nei miei ricordi.

Quattro anni nel Real Vicenza e cinque gol segnati. Il più bello rimane sempre quello contro l’Hellas, quel colpo di testa ha regalato una gioia immensa ai supporter biancorossi e grande scorno da parte gialloblù, tanto che vi furono tafferugli nella curva veronese e lancio di oggetti in campo.
Per i tifosi sicuramente è stato il mio goal più bello, perché segnato nel finale della partita contro la rivale storica, proprio sotto la curva dei tifosi veronesi, che sono rimasti pietrificati. Gli incidenti accaddero a fine partita, noi eravamo già negli spogliatoi. Però il goal me lo ricordo, eccome!

Delle cinque reti da te segnate tre sono su passaggio di Giancarlo Salvi (Vicenza-Lazio, Vicenza-Hellas e Torino-Vicenza) segnate tutte e tre di testa. Una di piede su passaggio di Cerilli (Vicenza-Catanzaro) e una a Napoli a cinque minuti dalla fine. Ce le puoi ricordare?
In Vicenza-Lazio, ho segnato di testa su un calcio d’angolo di Giancarlo Salvi, fu il mio primo goal in serie A e forse per questo motivo quello che ricordo più volentieri. In Vicenza-Hellas, come ho detto prima, segnai su punizione di Salvi, concessa per un fallo su Pippo Filippi. In Torino-Vicenza feci gol su una punizione laterale di Salvi, ricordo che venne Graziani a marcarmi ma staccai di testa più alto di tutti. In Vicenza-Catanzaro su un calcio d’angolo per il Vicenza saltammo di testa io e Menichini e la palla restò incredibilmente ferma per qualche attimo tra le due teste. Appena cadde a terra, tirai forte di destro e feci goal. A Napoli, venne battuto un calcio d’angolo e sulla respinta del portiere, all’interno dell’area piccola, calciai in porta e segnai.

Due invece le autoreti, a Taranto e a Roma.
A Roma ricordo che giocammo il giorno di Pasqua. Sul tiro di Maggiora, una maledetta deviazione di polpaccio e la palla andò dentro. A Taranto? Ma sai che non me lo ricordo proprio, sei sicura che sono stato io?

Nel campionato 1975-1976 sei stato compagno di squadra e di camera di Agostino Di Bartolomei. Ci puoi regalare un suo ricordo?
Agostino era un ragazzo taciturno, introverso ma molto altruista e generoso. Mi voleva bene. Sai, aveva la fissa delle punizioni, che erano la sua specialità. Passava ore a discutere sulle posizioni del portiere e le tecniche di aggiramento della barriera, specialmente con Cinesinho. Era un grande. Mi ricordo che si faceva arrivare l’abbacchio in aereo fino a Venezia, poi lo faceva portare a Vicenza e cucinare al ristorante Tre Visi dove lo mangiavano insieme io, lui, Galli e Sulfaro.

Mister Gibì Fabbri ti ricorda con un affetto particolare. Quando parla di te gli si inumidiscono gli occhi.
Per me è stato come un secondo padre, mi aveva allenato già a 19 anni nella Sangiovannese. Aveva una grande fiducia in me, mi faceva anche battere i rigori. Quando ci siamo ritrovati a Vicenza mi ha subito dimostrato tutta la sua stima, puntando sempre su di me e nelle mie capacità. Lo dico con tanto orgoglio perché è stata una soddisfazione impagabile poter far parte di quella squadra meravigliosa, un meccanismo perfetto come un orologio svizzero ma allo stesso tempo libero di esprimersi nelle sue individualità.

Com’ è stato giocare in difesa con Giorgio Carrera?
Perché, stava in difesa Giorgio? (ride, ndr). Lui aveva una velocità stabiliante, una progressione incredibile per un giocatore alto come lui e anche un bello stacco di testa. Guarda, palla a terra era difficile saltarlo. Era fantastico vederlo giocare e uscire dall’area, lui stava tranquillo perché tanto dietro c’ero io. Come compagno di squadra era uno spasso, sono talmente tanti gli aneddoti divertenti e gli scherzi che non saprei proprio da dove cominciare.

“Andate a fare musica” diceva il maestro Gibì ai suoi orchestrali prima di farli scendere in campo. So che sei un buon musicista e che ti diletti come cantautore. Qual è la musica che ti viene in mente quando pensi al Real Vicenza?
In quel periodo mi piacevano moltissimo i Creedence Clearwater Revival. Durante gli allenamenti canticchiavo le loro canzoni. Adesso però direi James Blunt, sai “You’re beautiful…” (canticchia, ndr) eravamo proprio belli!

Noi tifosi siamo abituati a parlare del Real Vicenza come della squadra spettacolo che ha fatto innamorare tutta l’Italia: avversari, giornalisti, persino gli arbitri subivano il fascino del vostro gioco. Ma da dentro voi giocatori che percezione avete avuto di questa magia?
Io assolutamente nessuna. Probabilmente il bello è stato proprio che non se ne rendeva conto nessuno, era tutto molto spontaneo e gioioso. Noi siamo stati promossi in serie B e siamo arrivati secondi in serie A senza mai fare un giorno di ritiro se non nelle trasferte. La sera noi dormivamo a casa nostra, cose mai vista prima se non con l’Olanda di Crujff. Una squadra spensierata, libera da qualunque tipo di pressione psicologica.

Pablito Rossi in nazionale ma almeno altri tre, quattro giocatori del Vicenza sono stati vicinissimi a indossare la maglia azzurra. A te com’é andata? Mi pare di ricordare che qualche contatto c’è stato.
Ne parlò Helenio Herrera nel Guerin Sportivo. Disse che oltre a Rossi c’erano anche Carrera e Prestanti meritevoli di giocare in Nazionale. Disse che mi aveva visto marcare Graziani e Bettega che contro di me non avevano visto palla. Una gran bella soddisfazione. Penso che se mi avessero chiamato mi avrebbe fatto tanto piacere ma allo stesso tempo non credo che la convocazione di Collovati sia stata un errore perché si comportò davvero molto bene ai mondiali.

So che a Monopoli alleni le squadre giovanili. Ci puoi dire qualcosa di questa tua esperienza?
E’ un’esperienza professionale che dura da 26 anni. Diciamo che mi sono cimentato nell’insegnamento del calcio secondo i miei principi, non solo della tecnica calcistica ma soprattutto far capire come deve pensare e comportarsi un ragazzo che vuole fare il calciatore. Sai, adesso la gioventù è molto cambiata, vuole tutto e subito. E’ come se uno volesse frequentare il liceo senza passare per le scuole elementari e le medie. L’umiltà, secondo me, è la dote più importante nel calcio, se non hai fame e sete di imparare non vai da nessuna parte. Nei bambini cerco di stuzzicare la curiosità come se il gioco del calcio fosse una grande entusiasmante scoperta!

Per chiudere ti chiedo di regalarci un ricordo del tuo “Lane”, un episodio che non hai ancora raccontato a nessuno.
Sono allergico ai latticini. Ogni volta che ci si sedeva a tavola Franco (Cerilli, ndr) mi riempiva il tovagliolo di parmigiano grattugiato. Io ci cascavo sempre, aprivo la salvietta e mi riempivo dappertutto. Questa abitudine l’ha portata a Pescara dove abbiamo passato altri due anni insieme ed eravamo anche compagni di camera nei ritiri!

Un saluto ai tifosi vicentini.
Mando un saluto a tutti e li ringrazio di cuore, perché mi ricordano sempre con affetto. I messaggi che ancora oggi leggo sulla mia pagina di facebook sono incredibilmente commoventi. E’ come se questi 35 anni non fossero mai passati. I tifosi vicentini non mi hanno mai dimenticato e questo non può che riempirmi di orgoglio. Grazie, grazie a tutti. E in bocca al lupo per il campionato: il Vicenza in Lega Pro è un insulto alla storia del calcio italiano!

Grazie Valeriano. Torna presto a salutarci!

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