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In questo momento di pausa forzata dalle attività agonistiche i tesserati del L.R. Vicenza sono sempre più protagonisti sui social. Dopo le due interviste concesse da Mister Di Carlo a Casa Di Marzio e Eleven Sports, quest’oggi è il turno di un protagonista indiscusso di questa stagione biancorossa, il bomber Alessandro Marotta, intervistato in live su Instagram da Sebastiano Donzella per la testata sportiva online TuttoC.

Partiamo dall’assemblea di ieri: potreste essere promossi a tavolino. Taibi (d.s. Reggina) ha detto che sarebbe paradossale non essere promossi a questo punto e con questa classifica.
Dico che Taibi ha ragione, fino ad ora siamo primi con grande merito e se dovesse finire oggi (anche se tutti noi calciatori speriamo di no) meriteremmo di andare in Serie B. Io spero di finirlo regolarmente questo campionato, ma se dovessimo vincerlo a tavolino me lo sentirei comunque guadagnato, anche se non festeggerei in un momento così buio.

Come fai a regolare barba e capelli in questo momento di quarantena?
L’anno scorso a Catania ho fatto la pazzia di tagliarli, quest’anno li ho sempre tenuti corti ma ora penso che dovrò giocoforza tenere tutto lungo. Quando si tornerà alla normalità dovrò trovare qualcuno di sufficientemente pazzo da mettersi all’opera.

Come è dividersi tra famiglia e allenamenti in tempo di quarantena?
Non è così semplice giostrarsi tra famiglia e allenamenti stando in casa. È un’esperienza positiva e molto bella perché mi permette di conoscere meglio la routine dei miei figli. Per quanto riguarda gli allenamenti sono fortunato perché a 200 metri da casa mia c’è una zona in terra battuta dove faccio la parte atletica, ma la società ci ha messo a disposizione tutto il necessario per fare bene.

Qualche curiosità sui tatuaggi: ne hai fatto uno per la vittoria del campionato a Benevento, ne faresti uno anche in caso di vittoria a Vicenza?
Se dovessimo vincere il campionato sicuramente tatuerò la data della vittoria del campionato e la R di Lanerossi.

Hai girato un po’ tutta l’Italia, ma sempre in Serie C. Non ti manca un po’ non aver passato più tempo in cadetteria?
Non so cosa mi manca oramai, l’ho girata tutta. Sono stato due anni in B, per il resto sempre in C ma in piazze importanti che vivono di calcio e ne sono molto orgoglioso.

Come sei riuscito a girare l’Italia per tutti questi anni con la famiglia al seguito?
Il pilastro della famiglia è mia moglie, non mi ha mai fatto pesare questa cosa e si è sacrificata senza battere ciglio. I miei figli stanno facendo grandi sacrifici con le amicizie e la scuola, ma fa parte del mio lavoro e bisogna farlo.

Ti piacerebbe giocare la B da protagonista dopo due mezze stagioni vissute in passato?
Io continuerò a giocare finché ce la faccio fisicamente. Mi dispiace non aver giocato molto in Serie B, ma ho giocato in piazze che hanno fatto la Serie A perciò è sempre stato emozionante e con molta responsabilità. A questo punto però con la maturità che ho raggiunto mi piacerebbe confrontarmi con la categoria da protagonista con la maglia del Vicenza.

Cosa ci dici di questo spogliatoio, anche in relazione alle tue esperienze passate?
Io negli spogliatoi mi faccio sentire, faccio casino, propongo cose, sono fastidioso, mi piace fare gruppo e mi viene naturale essendo napoletano. Siamo una squadra vecchia, piena di gente che ha vinto in altre categorie, ma siamo tutti molto umili. Nessuno vuole essere protagonista da solo, vogliamo primeggiare insieme. La differenza negli spogliatoi la fa la classifica: quando ho vinto in altre piazze c’era un grande rapporto che dura tutt’oggi, come qui a Vicenza del resto.

Come vivi lo spogliatoio? Hai qualche compagno di scherzi in particolare?
Sicuramente scherzo molto con Arma. Poi facciamo le sfide di ping-pong con Bizzotto e Padella che giocano tutti i giorni anche se sono molto scarsi. Insomma, ce ne sono di modi per scherzare e godersela…

Cosa ci puoi dire sul tuo rapporto con mister Di Carlo?
Il mister è uno che pretende molto. Fa bene, perché abbiamo qualità e se veniamo martellati rendiamo di più. Ci ha fatto capire da subito cosa vuol dire giocare nel Vicenza, ci ha fatto innamorare della gente, del tifo, ed è sempre stato di parola. Ha dato la possibilità a tutti di giocare e anche tanto e così tutti navighiamo sulla stessa lunghezza d’onda. Noi attaccanti per esempio abbiamo fatto una ventina di gol in quattro, ma poi ci sono anche i centrocampisti e i difensori, a dimostrazione del fatto che vinciamo di squadra. Conta più questo che avere il capocannoniere.

Tu sei stato premiato due volte per il gol più bello della Serie C, sia a Benevento che a Catania. A Vicenza invece qual è il più bel gol realizzato?
A Vicenza ho fatto un bellissimo gol contro la Feralpi Salò, ma ce ne saranno altri di belli oltre al mio e perciò mi devo impegnare per farne uno che possa superarli.

E dell’esperienza di Catania cosa ci racconti? Che cosa non ha funzionato rispetto a Vicenza?
Io mi vanto di avere giocato a Catania, è un orgoglio per me. C’è uno stadio che mette i brividi, quando ci sono ventimila spettatori è spettacolare. Per vincere i campionati però non basta, servono altre componenti tra cui mister, squadra e società, e lì qualcosa è mancato, anche se non posso dire quale. A Vicenza invece c’è tutto, siamo messi nelle condizioni migliori per rendere ed è naturale che la squadra si comporti bene.

Oggi è morto Ezio Vendrame che era un calciatore un po’ fuori dagli schemi come te: a proposito di pazzie in campo, ci racconti quella pazzia del cucchiaio da calcio di rigore in San Marino-Gubbio?
Quando feci quel cucchiaio è perché in precedenza aveva sbagliato qualche rigore e la gente si era lamentata. Ho voluto fare il cucchiaio per zittire le critiche e mi è andata bene. È stata una bella pazzia, sicuramente. Per quanto riguarda Vendrame ci dispiace quando manca un uomo così importante per la piazza e ci teniamo a fare le condoglianze.

Come stai a Vicenza? Come vivi la città?
Io sto da Dio a Vicenza, è super vivibile, mia moglie e i miei figli si trovano molto bene. Poi la gente è contenta per il rendimento della squadra e diventa tutto più facile.

Esultanza di Trieste a parte, curiosando nel tuo profilo Instagram vedo che sei molto amante della birra, o sbaglio?
Amo molto la birra, ovviamente non ne abuso ma la mia bevanda alcolica preferita è sicuramente quella perché fa amicizia, fa compagnia.

Ci puoi dire che cosa hai trovato in Vicenza che nelle altre piazze non c’è e che ti ha colpito particolarmente?
La cosa che mi ha sempre incuriosito di Vicenza è che anche quando le cose vanno male vanno tantissimi tifosi allo stadio. C’è un attaccamento viscerale, sono innamorati della propria squadra e tifano dall’inizio alla fine, è molto stimolante giocare qui.

Hai giocato in tante piazze molto importanti, ma anche in una piazza piccolissima, l’Arrone, che ha solamente 2000 abitanti. Cosa ci racconti di quella esperienza?
Io venivo da qualche anno della vecchia C2 e di serie D in cui non avevo ottenuto grosse soddisfazioni. Andai a giocare nell’unica squadra che mi voleva per avvicinarmi a mia moglie che è di Spoleto. Grazie a mister Marini che mi spostò da esterno a punta centrale in questa piccola squadra umbra, l’Arrone, ho fatto un sacco di gol e da lì la mia carriera è andata in crescendo perché mi ha acquistato il Bari. Quando sono arrivato a Bari in B a 24 anni non è andata benissimo nonostante abbia giocato parecchio, purtroppo ho segnato poco in quell’occasione. Ho espresso altre qualità e la gente mi ha apprezzato lo stesso, ma quella volta forse il salto di categoria è stato troppo importante. Mi hanno mandato a La Spezia in Serie C e ho vinto il campionato comunque, quando mi sposto di solito vinco.

Cosa ci puoi raccontare del tuo trasferimento a Vicenza?
C’erano altre squadre ma quando ti chiama il Vicenza non puoi tentennare, non puoi dire di no. Mi ha chiamato Magalini che avevo già avuto a Grosseto, è stata una trattativa veloce perché il Catania non mi voleva più e quindi ho rescisso facilmente il contratto. Sono stato tempestato di messaggi da Padella, che avevo già conosciuto a Benevento, e da lì poi sono arrivato e ne sono molto contento.

Dopo la prima bellissima esperienza a Gubbio, culminata con la promozione in C1, saresti potuto tornare due volte, ma non è mai successo. Ci racconti qualche retroscena?
La prima volta era l’anno successivo alla promozione in C1. Sarei potuto tornare immediatamente a Gubbio e vincere un campionato di C1, ma il Bari ha preferito girarmi alla Lucchese. Ce l’ho un po’ qua perché mi hanno scippato un campionato, ma Lucca la porto comunque nel cuore. Ho fatto tanti gol e, anche se la società è fallita a fine campionato e per sei mesi non ho percepito lo stipendio, alla fine quella stagione mi è valsa la mia prima opportunità a Bari in Serie B. La seconda volta invece saltò tutto all’ultimo minuto. Il mio trasferimento a Gubbio saltò per 30 secondi, perché l’allenatore del Bari che mi aveva rassicurato tutta l’Estate sul fatto che sarei stato titolare mi diede il benservito il 30 Agosto e non riuscimmo a concludere la trattativa in tempo nonostante ci fosse la volontà da ambo le parti di ricongiungersi.

La tua carriera è iniziata a Terni, dove hai conosciuto tua moglie peraltro. A fine carriera invece dove ti vedi? Dove ti piacerebbe stabilizzarti?
Io ho fatto Allievi e Primavera con la Ternana, poi mi hanno fatto un contratto di tre anni e mi ha mandato in prestito a Spoleto, dove ho conosciuto mia moglie, e da lì è cominciato il mio girovagare. Ormai stiamo insieme da 15 anni. Non ho ancora pensato a dove mi stabilirò a fine carriera, dipende da come saranno le prossime stagioni, non c’è nulla di scontato, devi sempre vivere alla giornata. Io mi trovo bene, ma i matrimoni si fanno sempre in due.

Cosa ci puoi dire sull’esperienza di Benevento? È stata un’esperienza importante visto che ti sei addirittura tagliato la barba, e poi hai conosciuto Padella.
Sicuramente per me Benevento è un pezzo di cuore, ci ho giocato due anni e mezzo e abbiamo raggiunto qualcosa di incredibile. C’è fame di calcio, c’è un presidente che ha investito tantissimo per arrivare in alto. Ho visto gente piangere perché erano 87 anni che la città attendeva la promozione in B. C’è stato un mese di festa in città, me la porterò sempre dentro quella stagione. La pazzia della barba l’ho fatta perché mi hanno costretto, Lucioni mi ha tagliato un pezzo di barba di cattiveria e da lì l’ho tagliata tutta. C’era anche Padella, con cui mi sono legato tantissimo e spero di vincere un altro campionato assieme lui.

All’inizio di questa stagione ti saresti aspettato di essere primo e di giocartela con Reggiana e Carpi?
Mi aspettavo che ci fosse il Padova a lottare con noi visto come avevano cominciato il campionato. La sorpresa è stata la Reggiana, non mi aspettavo un campionato del genere da parte loro visto che sono stati ripescati, hanno fatto un grandissimo lavoro. Quando li ho visti giocare contro di noi al Menti ho capito la loro vera forza, sono una grande squadra che gioca molto bene.

Qual è il calciatore più forte con cui hai giocato?
Ho avuto la fortuna di giocare con D’Agostino, Allegretti, Lodi, Biagianti, nomi conosciuti perché hanno calcato palcoscenici importanti, ma ce ne sono tanti meno conosciuti che sono molto forti, per esempio Mazzeo, Sarno, Guberti, ce ne sono veramente tanti e non saprei farti un nome. Nello spogliatoio attuale Vandeputte è quello che mi ha impressionato di più. Ci ho giocato contro per due anni di fila e non mi aveva mai impressionato, ora invece sembra tutto un altro giocatore, sta facendo cose importanti e se segnasse di più potrebbe calcare grandi palcoscenici. È un professionista serio, ragazzo tranquillo che vive di calcio, se lo meriterebbe.

Te che hai girato tutta l’Italia da Nord a Sud, che differenze hai trovato nelle varie esperienze vissute?
Al Sud il calcio è un’altra storia, c’è più seguito di pubblico. Poi io ho avuto la fortuna di fare campionati di vertice e quindi anche in trasferta contro l’ultima in classifica trovi grande seguito e questo fa la differenza. Al Nord c’è più tecnica ed è molto più divertente giocare, al Sud ci sono squadre molto più rognose e il fattore campo è molto più importante. Se giochi davanti alle tribune vuote non hai la stessa motivazione.

E di Siena invece cosa ci racconti? Che ricordo hai di quella esperienza?
A Siena ho fatto 28 gol in due anni. La presidente Durio era una gran donna e aveva un progetto serio, il primo anno ci siamo salvati ma il secondo siamo arrivati a un punto dalla prima. Avevamo la rosa un pochino corta e l’abbiamo pagata, soprattutto in finale playoff dove siamo arrivati decimati. Nella partita più importante della stagione ci mancavano 7 titolari, purtroppo l’abbiamo pagata. Questo è l’unico rammarico, ma devo dire che porto tutto il resto.

Oltre alla dirigenza e alla proprietà, come ti trovi con il resto dello staff e dei dipendenti?
Tutto lo staff è molto disponibile e fa il suo lavoro in modo impeccabile, li ringrazio a nome di tutta la squadra.

 

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