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Mimmo Di Carlo è il protagonista della terza diretta su Instagram di “Storie di vita“, live streaming organizzato da Calcio Schio. Il tecnico biancorosso ha affrontato diversi temi, dal passato come giocatore al suo percorso di allenatore, dalle soddisfazioni conquistate con il sudore ai sogni nel cassetto.

Il segreto del Vicenza che ha vinto la Coppa Italia: “Tutte le cose vanno costruite e ci vuole del tempo. Noi siamo stati bravi a costruire prima con Ulivieri e poi con Guidolin. Ci siamo sentiti non forti, ma fortissimi perchè avevamo creato una famiglia fatta di uomini con valori, al fianco di tifosi con cui eravamo un tutt’uno e che si fidavano di noi. C’era una sana competizione, tutti davano il massimo anche in allenamento. Io sono orgoglioso di aver fatto parte di un ciclo vincente e di un gruppo di uomini straordinari. Penso che una provinciale farà fatica a vincere la Coppa Italia da qui a trent’anni. Giocare in Europa è stato un sogno diventato realtà: portare i colori biancorossi sui campi europei e vincere fuori casa è stata una forte emozione, un qualcosa di diverso dal campionato. Magari non avevamo tanta qualità a livello tecnico, ma eravamo un grande gruppo“.

Il Di Carlo giocatore e allenatore: “L’allenatore deve mettere insieme squadra, staff, società, giornalisti, tifosi. Dev’essere super partes, un bravo comunicatore, molto concreto e far passare la propria idea di gioco a tutti i giocatori. Per me fare l’allenatore è un orgoglio straordinario, guidare una squadra è bellissimo, far arrivare al gruppo la mia filosofia e vedere che lo stesso segue la mia mentalità è una soddisfazione unica, ovviamente se poi arrivano anche i risultati. Personalmente sono orgoglioso quando un giocatore giovane, che ho fatto crescere, riesce ad imporsi: penso a Giulio Maggiore dello Spezia, a Vignato e anche a Dalmonte, che ha qualità tecniche e morali importanti. Tecnicamente non ero un giocatore eccelso, ma negli anni mi sono affinato anche nella velocità di pensiero; non volevo far mancare mai niente ai miei compagni, quando entravo in campo volevo ispirarmi ai tifosi, a quello che loro volevano vedere: lo spirito battagliero, che era il mio pane. Io a 31 anni ho esordito in serie A, ho sognato e sono stato fortunato ad arrivarci“.

La figura di riferimento: “Mia moglie, mi ha aiutato molto. Ho avuto vicino una persona che nel bene e nel male mi ha saputo consigliare, mi ha seguito da quando avevo 16 anni. E’ il perno in assoluto per il mio percorso di giocatore e allenatore“.

I giovani: “I ragazzi hanno i propri sogni e devono crederci, insistere. Chiaramente non tutti arrivano in serie A, ma chi ci crede veramente e lavora sodo può togliersi delle soddisfazioni anche a livello di squadra. Penso anche che cultura, e quindi studio, e calcio debbano andare di pari passo. All’inizio bisogna tenere un po’ basse le ambizioni perchè cercare di avere tutto e subito è sbagliato. I giovani vanno aiutati e capiti, accompagnati in un percorso di crescita. A Vicenza ci sono uomini, tra allenatori e staff, che sono bravi ad insegnare ai giovani rispetto e valori. E’ importante seguire una crescita tecnica, umana e di gruppo. Mimmo Di Carlo consiglierebbe loro di non aver paura di sbagliare, ma di fare e di provarci. Lo dico ai ragazzi e anche ai loro genitori. Se un giocatore è bravo viene fuori, l’importante è non perdersi e arrivare in alto un po’ alla volta. Lottare sempre e mai mollare“.

Il sogno: “Prima era tornare a Vicenza, ora è portare il Vicenza in serie A. La proprietà è seria, ha dei valori e un progetto. Prima c’erano molte problematiche, ora c’è una base importante. Bisogna continuare a crescere, in campo e fuori. Quest’anno è un anno difficilissimo ma stiamo migliorando e sono convinto che possiamo toglierci delle soddisfazioni già da questa stagione. Pensiamo alla salvezza, poi si vedrà. Ma il mio sogno è quello di allenare il Vicenza in serie A”.

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