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Ciao,
sono Roberto, un 25enne tifoso del Vicenza Calcio, volevo scrivere due parole sul momento delicato che il Vicenza sta affrontando, sia dal punto di vista personale, sia dal punto di vista di amici che tifano altre squadre e riescono pertanto ad essere maggiormente distaccati e quindi più obiettivi di me, in quanto da questa dualità ritengo siano emersi nelle nostre discussioni dei contenuti interessanti di cui desidererei rendervi partecipi in quanto testata giornalistica di spessore per “il pianeta biancorosso”. Con la massima umiltà di chi si informa liberamente, non difende per partito preso, ed intende altrettanto liberamente esprimere il proprio libero pensiero di tifoso. Condivisibile o meno.

In due parole la mia storia di tifoso: il Vicenza è sempre stata una passione di famiglia, per il nonno Mario, che dà nel suo ricordo il nome ad un club biancorosso di Lusiana, da Giorgio, mio padre che da bambino mi portò a scoprire il calcio nella scuola calcio biancorossa; così, imparavo i fondamentali del calcio, nientemeno che da Toto Rondon e Giulio Savoini, persone di una caratura che avrei potuto cogliere solo negli anni a venire. E quando, con le figurine Panini da scambiare qualche mio compagno di scuola chiedeva “tu che squadra tifi?” la mia risposta, inaspettata e fiera, era “Vicenza”. Fu così che iniziai a seguire assiduamente i colori biancorossi, ma maggiormente dalla stagione 1993/94, con “Renzaccio” Ulivieri, quando, grazie a mia sorella maggiore Barbara iniziai a conoscere quel mondo, il tifo, attraverso la sua espressione che credo essere la più autentica, allo stadio, e quel clima, di cui mi sarei poi innamorato. Il dodicesimo uomo in campo era vero: qualche partita in quel Menti e scattò “il colpo di fulmine”. Da allora ogni occasione era buona per gioire nel vedere attraverso le varie peripezie che da allora in poi la squadra ha affrontato, la squadra dei miei sogni, il Lane. E poi ancora, quando da adolescente e da adulto, sempre abbonato in curva sud, ho condiviso momenti e ricordi con amici e “conoscenti della domenica, anzi del sabato”, attraverso successi e i tanti insuccessi che seguirono gli “anni d’oro”. Talvolta, quando possibile anche in trasferta: Arezzo, Bologna, Trieste, Treviso, Venezia, Verona, Padova fra le città visitate a scopi “calcioturistici”, ma sono bruscolini in confronto a quanto fatto da molti altri appassionati. Gioie e dolori, il Vicenza fa parte di me, e per quanto irrazionale sia affezionarsi ad una squadra che anno dopo anno cambia i suoi “attori”, non riesco a farne a meno. Ma soffro, nel vedere che uno dopo l’altro, gli amici si allontanano dalla realtà calcistica di Vicenza, stanchi di un declino inesorabile che sta affrontando da dieci anni. Ma quando parlo con amici e conoscenti, sentirne il trasporto nel ricordare episodi, belli e meno belli, è davvero confortante, perchè si capisce quanto quel Vicenza abbia dato, quanto il Vicenza in generale abbia unito, generazioni diverse, in gioie comuni. Un Vicenza, che anche nel declino odierno, suscita emozione. Un Vicenza, che è ancora, nel ricordo della gente, “una tra le grandi”. Un popolo “sepolto” sotto coltri di cenere, una definizione che mi piace dare dei tifosi biancorossi: un “vulcano” pronto ad esplodere.

E fu così, che nel parlare alcuni giorni fa dei problemi del Vicenza Calcio attuale, da spettatore passivo quale è il ruolo che sembra spettare al tifoso, un amico juventino mi fece notare un curioso parallelo sulle vicende societarie degli ultimi anni. “La chiarezza fa parte delle società che hanno le capacità per investire in progetti sportivi, gli altri possono solo rischiare, anche di essere incoerenti, dato il loro ruolo istituzionale. Un presidente non dirà mai che non ci sono possibilità alcune di fare meglio di quanto raggiunto”. Per quanto le vicende biancorosse, di cui sono maggiormente informato di lui, “formino” una mia precisa opinione in proposito, non posso che concordare con Filippo. Non quando se ne esce con una frase molto forte, dura nei contenuti: “la dimensione del Vicenza di oggi è questa, inutile vivere di ricordi. Guarda i tifosi del Cittadella, quanto contenti sono per i loro campionati”. Nonostante le mie obiezioni del caso, che il Vicenza Calcio non può permettersi il confronto con realtà sportive di peso storico inferiore, sebbene della stessa categoria, un concetto chiaro e semplice, di quelli che da tifoso non vedresti, non capiresti mai, mi è sbattuto con grande franchezza sotto il naso: “Accettata la realtà dei fatti, la gente dopo un campionato come quello dello scorso anno tornerebbe allo stadio contenta”. E lì ho capito che cosa ci stiamo perdendo: nonostante si possa fare dialettica nell’individuare cause, responsabilità precise o presunte, non mi addentrerò in una discussione sul chi, il cosa, il perchè, il come secondo me il Vicenza Calcio stia vivendo uno dei suoi tanti “periodi neri”. Dico solo, con certezza, che chi è rimasto nella storia del Lane nel cuore della gente, lo ha fatto per i fatti, per il carattere, per “il sogno”. Tre componenti imprescindibili per il successo: difficile cambiare ciò che non è. Tantomeno con le divisioni, con “l’opinionismo”.

Volevo solo rendervi partecipi di un messaggio, con la massima umiltà di chi segue il Vicenza Calcio da un tempo relativamente breve, con l’umiltà di chi è consapevole dei molti tifosi che spendono molto più del tempo libero che dedico io a questa passione. Chiedo venia se in qualcosa posso essere stato offensivo nei contenuti per qualcosa o qualcuno, il mio messaggio in soldoni è: credo che ci stiamo “dimenticando”, ciò che eravamo, ciò che siamo sempre stati. Riprendiamocelo, o che rimanga sogno per pochi, là nascosto dove nasce quell’emozione comune.

Roberto

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Articolo scritto dalla Redazione di Biancorossi.net

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