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All’incontro che si è tenuto in videoconferenza  martedì sera tra i vertici della Lega Pro, il rappresentante dei medici della serie C Francesco Braconaro, l’avvocato di PwC Tls Gianluigi Baroni e i medici sociali dei club di Lega Pro, ha partecipato anche il responsabile medico del L.R. Vicenza dott. Giovanni Ragazzi.
A lui abbiamo rivolto delle domande utili a capire qualcosa in più sulle problematiche di cui si è discusso.

Dott. Ragazzi, che idea si è fatto del protocollo medico-sanitario, per la ripresa degli allenamenti proposto dalla Figc, alla luce della riunione che avete svolto?

E’ un protocollo che ha delle criticità che non sono semplici da gestire. Tengo però a precisare subito una cosa: se il calcio deve continuare o no, non è una decisione che spetta a noi. Come medici abbiamo solo il compito di fare presente quali sono le difficoltà nell’applicare i protocolli richiesti. Nelle serie professionistiche poi ci sono realtà economicamente differenti anche da società a società e questo rende il tutto ancora più difficile.

Come prima difficoltà i medici hanno sollevato il problema di accedere ad un numero elevato di tamponi…

Si. Ci sarebbe anche da rifare la visita di idoneità all’attività agonistica ma non sarebbe un problema. La difficoltà è il dover eseguire i tamponi presso i laboratori di riferimento delle regioni che in questo momento sono già oberati di lavoro e che potrebbero rifiutarsi di gestire una richiesta che non rientra nell’emergenza.
Come proposta futura si potrebbe proporre di ovviare inviando i tamponi in altri laboratori dove potrebbero essere processati privatamente e a pagamento. Naturalmente i laboratori regionali dovrebbero prima identificare e indicare quali possono essere questi laboratori che andrebbero accreditati. Il dubbio che può nascere in questo caso è che magari non tutte le società in questa categoria possano avere le risorse per processare i tamponi privatamente.

I tamponi comunque hanno dei tempi non immediati di risposta…

In questo caso, dopo i primi tamponi, si potrebbero usare i test sierologici rapidi che potrebbero dare risposta quasi in tempo reale (si parla di circa 15 minuti) e da riproporre di volta in volta a cadenze prestabilite. Ovviamente, tra una cosa e l’altra, si tratta di  procedure non certo economiche.

E’ stato fatto notare che il protocollo apre inoltre una serie di questioni che attengono le diverse responsabilità, civili e penali, dei medici che si dovessero prefigurare nel caso di contagio.

Si. E’ vero anche che  il nostro è un lavoro  che prevede sempre per definizione delle responsabilità. Il nostro ruolo è così e ognuno di noi è conscio di questo. Mi permetta di far notare che i medici stanno facendo lo stesso splendido lavoro che facevano prima e per cui a volte venivano criticati e aggrediti mentre, ora sono chiamati eroi.  Magari questo in futuro potrebbe valere a riconoscere anche la figura del medico sociale in maniera diversa, ma questo non è il momento eticamente migliore per fare un certo tipo di considerazioni.

Molti dei medici sociali sono anche medici che prestano servizio sul territorio: è stato fatto notare che c’è il rischio  di essere veicolo di contagio tra calciatori e pazienti o viceversa.

Io stesso sono medico di base e pur seguendo tutti i protocolli stabiliti c’è la possibilità che mi trovi a seguire dei pazienti Covid.  E’ chiaro che se per risolvere la questione si dovesse imporre che il medico sociale non abbia altro tipo di rapporti se non con la squadra, allora una cosa escluderebbe l’altra e le società si troverebbero a dover andare in cerca di altre figure come responsabili sanitari, creando un ulteriore problema.

Secondo lei è pensabile riuscire a ripartire in futuro con tutte queste cautele e protocolli che vengono richiesti?

Detto che ci sono organi preposti a stabilire questo e  che non è una cosa che compete ai medici, credo sia troppo presto per dire cosa succederà in futuro. Potrebbero uscire delle cure che rendano la malattia più gestibile evitandone la fase più letale, oppure l’introduzione della vaccinazione potrebbe trasformare questa malattia devastante in una malattia curabile, anche se i tempi di realizzazione oggi non sono noti. Esattamente come accadeva diversi anni fa con la poliomielite oggi sconfitta, mi auguro che ci possa essere una immunizzazione stabile ma come ripeto è molto presto per dirlo.

Dal 4 maggio sarà possibile in tutta Italia partire con gli allenamenti individuali. Qualcuno ha fatto notare che per gli atleti professionisti sarebbe meglio utilizzare le strutture societarie invece che utilizzare parchi o luoghi che potrebbero essere molto più frequentati …

In una situazione in cui si possono rispettare i distacchi sociali, con spogliatoi e docce dedicate, sarebbe preferibile sicuramente la struttura privata. Quello che è fondamentale, però, è che qualunque sia l’attività che uno deve svolgere indossi i dispositivi di protezione e mantenga le distanze di distaccamento sociale che vengono consigliate.

Vuole aggiungere qualcos’altro a chiusura  di questa intervista?

Mi permetta di dire solo una cosa: c’è sempre qualcuno che tende a negare la gravità di questa epidemia. Io rispetto le opinioni di tutti ma mi permetto sempre di parlare con i numeri: i dati Istat ufficiali fino al 2017 di polmoniti e influenze parlano di numeri oggi quasi triplicati in relazione a soli quattro mesi presi in esame del 2020. I dati sono chiari è dire che questa è una semplice influenza cozza contro questi numeri. Negare tutto questo lo ritengo un oltraggio ai morti di oggi tra cui, ci tengo a ricordare, ci sono anche molti medici.

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