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Il mercato si è (finalmente) chiuso, e tirando la classica riga di consuntivo si evince che il valore tecnico della squadra è rimasto di fatto inalterato, ma sono stati ridotti i costi andando a far uscire dall’organico sei giocatori a fronte di due soli arrivi. L’obiettivo del resto l’ha dichiarato con chiarezza il direttore sportivo del L.R. Vicenza Luca Matteassi affermando, a pochi minuti dalla chiusura del mercato  – “abbiamo cercato di ridurre i costi” – ammettendo che la priorità non era l’aspetto tecnico, ma quello economico. Decisione legittima, ma che avrebbe in ogni caso potuto consentire alla società di iniziare a programmare la prossima stagione che, qualunque sarà la categoria a cui parteciperà il Lane, obbligherà la parte tecnica all’ennesima rivoluzione. Senza tanti giri di parole ancora una volta non c’è traccia di un progetto, di un programma, ma si è di fronte all’ennesimo “fa e disfa” che farebbe impallidire anche le gesta della dea Penelope. Del resto assistere a tre rescissioni contrattuali, che hanno un peso economico non indifferente, nella stessa sessione di mercato conferma che quello che si è fatto prima era sbagliato e che bisognava correre ai ripari sperando, sempre restando in temi di proverbi, che “el tacon non sia peso del buso”.

Dicevamo di una squadra da rifare perché dei 25 giocatori attualmente in rosa, nove hanno un contratto in scadenza il prossimo 30 giugno 2024 e tra quelli sotto contratto c’è qualcuno che finora ha indubbiamente deluso. In un contesto difficile, ma figlio di scelte che il campo ha seccamente bocciato, c’era la possibilità di cominciare a lavorare per la prossima stagione mettendo qualche base su cui costruire. Ecco quindi che si doveva cercare di acquisire le prestazioni di due, tre giovani di prospettiva di proprietà perché, per esempio, Delle Monache è senza dubbio un profilo tecnico importante per la categoria ma a giugno torna alla Sampdoria e tu ti ritrovi con niente in mano. Perché visto che con una rosa costruita con giocatori che nelle società di provenienza avevano fatto molto bene (ma che a Vicenza hanno clamorosamente fallito) il risultato è stato deprimente, l’alternativa poteva essere iniziare a lavorare su un giusto mix di giocatori esperti e di giovani.

Parlando di giovani però si apre un altro capitolo dolente perché la società ha dimostrato di non credere a questa politica. E la nostra affermazione non è confutabile perché, a partire dalla discutibile gestione di Tommaso Mancini, si è arrivati questa estate alla scelta di cedere tutte le “promesse” biancorosse. Una decisione, quella di cedere i giovani di prospettiva, che non tutti in società avevano sposato, in primis a partire dal responsabile Michele Nicolin. I fatti però ci dicono che in estate il club di via Largo Paolo Rossi ha ceduto i vari Alessio (2004), Corradi (2005), Begic (2003), Desplanches (2003), Tonin (2006) e Zonta (2007), una scelta che possiamo pensare sia dipesa dalla necessità (o volontà?) di fare cassa. Ma purtroppo la questione si aggrava quando dobbiamo prendiamo atto che altri due giovani di prospettiva non intendono rinnovare il contratto e sono orientati a lasciare Vicenza a parametro zero. Parliamo di Tronchin (2002) e di Talarico (2002) che, almeno fino ad oggi, hanno deciso di proseguire la loro carriera altrove perché ritengono, a torto o a ragione, che in altre piazze, in altre squadre, potranno avere più possibilità di crescere come uomini e come calciatori.

E qui torniamo a discorsi triti e ritriti che, come direbbe il grande Renzo Ulivieri, ormai vengono fin troppo a noia. Nel calcio l’unità, la compattezza tra società, squadra, intesa come tecnico e giocatori, e tifosi, è fondamentale per raggiungere gli obiettivi importanti. In questo momento a Vicenza non c’è niente di tutto questo, con una società che non parla, non comunica con i tifosi, una squadra che si allena e vive fuori Vicenza e ci torna solo per giocare le partite due volte al mese, ed una tifoseria delusa, depressa e sfiduciata che ormai da oltre vent’anni ingoia rospi amarissimi. E non si pensi che da fuori questo non venga notato perché tutti, ma proprio tutti, gli addetti ai lavori si chiedono cosa stia accadendo a Vicenza, considerato che anche quest’anno le premesse della vigilia sono state clamorosamente sconfessate. Ecco che l’obiettivo dichiarato, e centrato, del mercato appena concluso di ridurre i costi è probabilmente la conseguenza del fallimento delle scelte estive, ma è assolutamente limitativo perché purtroppo ancora una volta manca un programma, un progetto serio per il futuro. A meno che la riduzione dei costi attuata in questa campagna di trasferimento non sia l’inizio di un ridimensionamento di quanto dichiarato da questa società al momento dell’insediamento nell’allora sede di via Schio. Se dalla (ambiziosa) promessa della serie A in cinque anni, si debba passare alla – “non saremo il Monza – che in effetti in cinque anni in serie A ci è andato, basta saperlo. Ma bisognerebbe dirlo chiaramente alla gente biancorossa, perché se ai tifosi spieghi come stanno le cose capiscono, magari mugugnano, ma comprendono e ti danno una mano, ti aiutano perché lo scopo, il fine, è il meglio per i colori biancorossi. Ma se non scendi mai dal piedistallo e guardi tutti dall’alto, allora non c’è futuro.

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Articolo scritto dalla Redazione di Biancorossi.net