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Questa settimana vorrei parlare a mente fredda di play off, dopo tre mesi da che il sogno della promozione in serie A si è infranto sul palo della porta del Pescara. Avevamo tutti sperato in un grande miracolo ma quel campo funesto non poteva certo portarci fortuna. Impossibile non pensare a Lui, ogni volta che la telecamera inquadrava quel pezzo di prato dove il cuore del nostro Piermario si è fermato. Ma forse era destino che finisse così … E per questo abbiamo scelto un ospite davvero speciale, don Lionello Dal Molin, parroco di Tessera in provincia di Venezia.

Buongiorno don Lionello … a Lei rivolgo subito una domanda che desidero farLe da tanti anni: ma è vero che quando il Real Vicenza (quello vero!) vinceva, Lei faceva suonare le campane a festa?
Quando il Vicenza era chiamato “Real” ero diventato prete da pochi anni. Ero poco più che un ragazzo, per cui certe azioni, come quello di suonare le campane a festa in occasione delle vittorie inflitte agli “squadroni” per segnalare la mia gioia, venivano comprese dai parrocchiani. Alcuni poi condividevano la mia soddisfazione quando il Real Vicenza sconfiggeva le loro squadre rivali. Con me, per esempio, facevano festa i Milanisti quando, grazie al Vicenza, perdeva la Juve e così via!

Raccontiamo allora la sua storia d’amore con il Lanerossi Vicenza che comincia nel lontano … ?
I mei genitori erano di origine vicentina, persone semplici, modeste, cresciute con il lavoro dei campi. Io sono nato da genitori vicentini a Valcasoni di Eraclea (VE), ma mi son sempre sentito tale anche per il fatto che i miei zii paterni e materni, e la maggior parte dei cugini vivevano in provincia di Vicenza. Fin da piccolo negli anni sessanta – insieme a mio fratello – ho tifato Vicenza. Erano i tempi di Campana, Menti, Savoini, Vinicio … e quelle volte che si poteva venire allo stadio a Vicenza per noi ragazzi era come una “sagra”. Però anche nei tempi in cui il Vicenza militava in B e in C, ho continuato a tifare Vicenza. Diventato prete nel 1974, i ragazzi della parrocchia erano sorpresi di incontrare un prete tifoso per una squadra che non fosse Milan, Inter, Juve … La passione per Vicenza (Lanerossi), squadra provinciale, non sono motivati solo dalla mia origine. Ancora oggi penso: “che senso ha tifare per delle squadre forti, tali perché ben finanziate economicamente?”. Meglio sostenere una “debole”. Nella mia vita non ho mai incontrato in provincia di Venezia un tifoso del Vicenza però nel 1976 ho conosciuto e frequentato un prete di origine vicentina (Valdastico) che dal 1976 al 1978 è stato segretario del patriarca Luciani, don Diego Lorenzi. Egli condivideva lo stesso interesse per il Vicenza Calcio. Ricordo che nell’estate del 1978 c’eravamo accordati per andare insieme allo stadio per vedere qualche partita del Vicenza. Poi nell’agosto del 1978 don Diego si è trovato a Roma al fianco di papa Giovanni Paolo I. Conservo ancora uno scritto di don Diego che, ricordando il nostro patto, affermava “Niente partite al Menti, dovrò accontentarmi di sentire dal palazzo apostolico i cori dell’Olimpico!”

Recentemente è scomparso Gibì Fabbri, il padre putativo e morale di quella grande squadra che ha fatto rivivere a tutta Italia la favola del piccolo Davide contro il gigantesco Golia. A chi non piace, per una volta, vedere sovvertiti gli equilibri prestabiliti e lasciare che per una volta vincano la fantasia, l’estro e la tecnica, (credo calcistico del grande e vulcanico Giorgio Carrera) di una squadra che sembra scendere in campo solo per divertirsi e far divertire? Che ricordo ha del mister?
Ho avuto occasione di parlare con Renato Faloppa, mezzala di quel periodo singolare del calcio vicentino. In una serata al teatro Vivaldi a Jesolo Lido, pieno di giovani, ha testimoniato che la forza del Real Vicenza non era rappresentata solo da Paolo Rossi, ma da tutti i giocatori, perché vivevano come in una grande famiglia, senza invidie, senza arroganze, ma in perfetta armonia. E attribuiva questa situazione a colui che chiamava non mister, ma padre: Gibì Fabbri. Anche Paolo Rossi ha più volte affermato: “Fabbri era un grande. Anche un padre, per me. Gli volevo bene. Mi ha scoperto dal punto di vista tecnico, mi trasformò da ala in centravanti, e i fatti gli diedero ragione. Fu un precursore. E’ stato fra quelli che hanno cambiato l’immagine del calcio speculativo all’italiana”. Ricordo poi uno scritto divenuto celebre di Gianni Brera, il re dei critici, che andò a vedere il Lanerossi impegnato nel campionato 1978, in cui riportò che, alla fine della partita, scese negli spogliatoi e disse al tecnico: “Non avrei mai creduto che una squadra di provincia giocasse al calcio come il Lanerossi Vicenza”.  Infatti Gibì Fabbri è riconosciuto come il primo – assieme a Gigi Radice – a ispirarsi al calcio totale olandese. Per questo motivo nutrivo la speranza di vederlo seduto sulla panchina della nazionale dopo l’esperienza con il Vicenza …
Erano tempi diversi, che esaltavano l’aspetto cavalleresco e un po’ romantico del calcio. Tutti insegnamenti che i preti dell’oratorio inculcavano ai ragazzi che giocavano a calcio nei campi parrocchiali, come nella canzone “Azzurro” di Celentano, dove il sacerdote viene visto come rifugio e rimedio alla solitudine e all’emarginazione. Il testo di Paolo Conte è poetico e struggente con il suo “Sembra quand’ero all’oratorio, con tanto sole, tanti anni fa. Quelle domeniche da solo in un cortile a passeggiar, ora mi annoio più di allora, neanche un prete per chiacchierar …”
Ho vissuto la mia prima esperienza di servizio presbiterale dal 1974 al 1983, in una bella parrocchia di Venezia (San Simeon). Accanto al Patronato, c’era un piccolo campo da gioco che insieme ai giovani e ai genitori dei bambini avevamo trasformato, a seconda del bisogno, in campo da calcio, da tennis, da pallavolo … o in luogo per spettacoli musicali e teatrali. Tanti si impegnavano con spirito di corresponsabilità. E ogni iniziativa era una festa … abbiamo scoperto, così, la bellezza dell’essere comunità. Ricordo la gioia dei collaboratori quando alle varie manifestazioni vi era la partecipazione di persone da altre realtà. Ricordo che ad un torneo di calcio per ragazzini in una squadra di Sant’Elena, giocava un certo Paolo Poggi … mentre nei tornei dei grandi partecipavo anch’io. Più che chiacchierare, mi gettavo con grinta sul pallone. (vedi foto)

Parliamo ora del nostro Lane … riesce a seguire ancora le vicende biancorosse di persona o attraverso Internet?
Allo stadio Penzo a Venezia ho visto giocare il Vicenza di Gori e Maraschi che hanno segnato i due goal ( 2-0) e di Guidolin in C e in B. Ma la partita più emozionante a cui ho assistito porta una data particolare: 2 aprile 1998, definita “la partita della storia”; era la partita di andata della semifinale Coppa Uefa, vinta per uno a zero con rete di Zauli. Mi avevano offerto la possibilità di assistere la gara ai bordi del campo, vicino alle panchine, e naturalmente ho accettato l’offerta come un dono del cielo. Doppio spettacolo: quello in campo e quello nello stadio stracolmo e coloratissimo, con la musica “We are the The champions” dei Queen che provocava un’incredibile fusione tra tutti i tifosi biancorossi. Quando sono stato trasferito a Tessera, mi è stato facile incontrare i giocatori del Venezia presso il ristorante “da Olindo” proprio a Tessera. Con alcuni è nata una bella amicizia in quanto hanno partecipato al corso fidanzati e poi mi hanno chiesto di celebrare il loro matrimonio. Tra questi anche un ex biancorosso, davvero sensibile e umile … Davide Draschek. Quest’anno ero presente all’ultima partita di campionato (Vicenza-Frosinone). Ho visto una squadra che ha saputo reagire e un pubblico sempre pronto a incoraggiare. Prima dell’inizio del mach ho incontrato l’avv. Sergio Campana, un mio mito, un campione a livello nazionale, stimato presidente dell’Associazione calciatori e ora giornalista equilibrato.

La partita interna di play off contro il Pescara ha lasciato in tutti l’immagine indimenticabile di una coreografia fantastica, con lo stadio interamente biancorosso e la grande maglia con la R sul petto a coprire la parte più calda del tifo della curva sud. Si può ripartire da questo e dalla riconferma di mister Marino per tentare nel prossimo campionato la risalita in serie A?
All’inizio dello scorso campionato quando dalla serie C ci siamo trovati in B, pochi immaginavano di vedere il Vicenza battersi per il play off – anche se li considero una trovata di cui però non capisco il senso – e di cullare il sogno della serie A. E questo evidentemente ci porta ad avere all’inizio del nuovo campionato (2015/16) grandi attese.

Può indurre a ben sperare il superamento dei primi due turni di Coppa Italia?
Credo sia opportuno, comunque, essere cauti. Ma soprattutto incoraggiare e sostenere sempre la nostra squadra.

Bene ora il consueto spazio per i saluti …
Saluto tutti lettori condividendo con loro:
il mio sogno n 1 : poter suonare ancora le campane della chiesa per un risultato calcistico di valore del Vicenza. L’ho già fatto in occasione di varie vittorie del Lanerossi … l’ho ripetuto la notte del 29 maggio 1997 quando “abbiamo” conquistato la Coppa Italia e la mia iniziativa è stata ricordata anche dal Gazzettino.
Il mio sogno n. 2: poter celebrare ogni anno una messa con tifosi e giocatori del Vicenza e non, per chiedere al Signore che nel pianeta calcio si arrivi a giocare per divertimento … per sport … e poi sfidarsi in una partita denominata “Coppa Armonia” !

Grazie don Lionello, ci facciamo quindi promotori della sua bella proposta, magari per festeggiare proprio la risalita in serie A!

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