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La questione relativa alla riapertura degli stadi sta di fatto provocando divisioni di vedute. Da una parte le Regioni, le quali nella giornata di ieri hanno formulato un protocollo che prevede l’apertura per il 25% della capienza degli impianti. In aggiunta, la proposta presuppone l’uso obbligatorio della mascherina, la misurazione della temperatura in ingresso, posti a sedere assegnati e distanziati. “Migliaia di persone si incrociano tutti i giorni nelle vie delle nostre città, gli stadi sono luoghi aperti che hanno migliaia di posti. Se la regola di base è il metro di distanza in bus e scuole, non vedo perchè non si possa rispettare negli stadi“, il pensiero del governatore della Liguria, Toti.

Sull’altra sponda il Ministero della Salute, che sembra puntare i piedi: “In questo momento abbiamo una priorità che tutto il Paese ha condiviso ed è la scuola. Facciamo una valutazione oggettiva e proviamo a capire se si puo’ tornare a immaginare anche l’apertura degli stadi al pubblico – sottolinea il sottosegretario alla Salute, Sandra Zampa – Occorre prima vedere quale sarà l’impatto delle riaperture delle scuole, di quanto si alzerà l’indice di riproduzione virale, e poi si vedrà”.

Il documento studiato dalla Conferenza delle Regioni (con la contrarietà del solo Zingaretti) passerà ora sotto esame del Comitato tecnico scientifico. Tuttavia, la posizione del Cts parrebbe non scostarsi da quella del Ministero a cui fa capo Speranza: “E’ ancora troppo presto per valutare come impatterà la scuola sulla curva dei contagi, già di per sé in risalita. Un conto è fare il tracciamento dei contatti stretti di una persona positiva se a un evento hanno assistito in 1000. Altro conto è cercare tra decine di migliaia”, fanno sapere dal Cts. Le maggiori preoccupazioni sarebbero da attribuire alla movimentazione dei tifosi prima e dopo le partite, che potrebbero provocare assembramenti nei mezzi pubblici, e alla sostenibilità per i club di un dispiegamento di “vigilanti” che controllino il rispetto delle norme di distanziamento all’interno degli stadi, in entrata e in uscita.

In caso di parere negativo, le Regioni potrebbero decidere di procedere autonomamente: “In questo momento possono gestire la cosa, è la stessa situazione che si è venuta a creare con le discoteche. Sull’eventuale intervento da parte dello Stato, però, deciderà il Ministro“, ha spiegato il sottosegretario alla Salute.

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